29 giugno 2007

Il ratto delle Orsoline è su YouTube (Michele Serra)

SATIRA PREVENTIVA
Il ratto delle Orsoline è su YouTube

Regna il cattivo gusto tra i videomaker improvvisati della Rete. Tra flautulenze studentesche, violenza gratuita e abusi vari. La classifica dei più cliccati

Benvenuti, cari amici, alla nostra seguitissima hit-parade dei video studenteschi mandati in rete su YouTube. Al gradimento del pubblico aggiungeremo anche una breve nota critica a cura della nostra redazione new media.

Al quinto posto, con 10 mila contatti, resiste il simpaticissimo video di Calogero, ormai un vero e proprio classico. Il diciassettenne di Trapani scorreggia a raffica durante la lezione di matematica e poi indica la professoressa dicendo che è stata lei. Un po' statica l'inquadratura, con le natiche di Calogero quasi sempre in primo piano, ma molto efficace lo zoom sul volto della professoressa che si scusa con tutta la classe nel timore di essere denunciata per abuso di mezzi di correzione. Monocorde l'audio. Si sarebbero ottenuti risultati migliori se l'autore, invece dell'antiquato Nubira 547 dotato solo di pip-master, avesse potuto usare un telefonino di nuova generazione, con sweeezy zoom, breaking eye e podizzazione automatica. Le condizioni sociali disagiate dei genitori di Calogero hanno scatenato una gara di solidarietà tra gli utenti di YouTube, che stanno organizzando una colletta per regalare al promettente video-maker un Mistuki 223, stereofonico, per rimixare con audio adeguato le armonie anali del protagonista.

Irrompe al quarto posto, con 12 mila contatti, quello che è considerato il vero e proprio kolossal dei video scolastici, 'Il ratto delle Orsoline'. Si vede l'irruzione di 80 studenti di ragioneria, vestiti da antichi romani, nell'istituto di suore, per effettuare il rapimento a scopo di stupro di altrettante studentesse. La scena dell'arresto da parte delle forze dell'ordine culmina nell'appassionato intervento dello psicologo, che attribuisce a un trauma infantile la furia devastante degli ottanta energumeni e li fa rimettere in libertà tra due ali di genitori in tripudio, che gridano: "Basta con l'abuso dei mezzi di correzione". Ottimo il montaggio, che nell'alternanza tra le violenze di massa e i primi piani terrorizzati delle vittime ricorda la lezione di Eisenstein. Le difficoltà di parola di tutti e 80 i protagonisti del video aggiungono al racconto il fascino del film-verità.

Nella nuova categoria Video d'essai, ecco il prodotto davvero suggestivo di Mirko e Vanessa, due fidanzatini di Vicenza, entrambi studenti dello scientifico, che con grande povertà di mezzi hanno realizzato lo spietato autoritratto di una generazione mandando su YouTube i loro primi piani. Di sconvolgente efficacia la bocca semiaperta, l'espressione spenta, la totale assenza di reazioni anche mentre il professore di scienze si dà fuoco in cattedra dopo essere stato raggiunto da un mandato di cattura per abuso di mezzi di correzione.

Secondo posto per lo spettacolare video realizzato a Napoli, con il patrocinio della Regione Campania, da una cooperativa di bulli minorenni che organizza gare di trotto abusive nei corridoi degli istituti tecnici cittadini. Per garantire la regolarità delle corse, vengono drogati sia i cavalli che i fantini. Molto cliccata la scena nella quale un preside, per evitare l'accusa di abuso dei mezzi di correzione, accetta simpaticamente di fare lo starter di una corsa di bighe che alla fine gli costerà la vita. Trentamila contatti.

Al primo posto, ecco la sorpresa clamorosa. Con un milione di contatti, sbaraglia il campo un video realizzato da un gruppo di insegnanti romani. Si intitola 'Abuso di mezzi di correzione' e raffigura professori ambosessi, di tutte le età e di ogni orientamento politico, che prendono a sberle gli studenti. Nella sequenza successiva, cacciano a spintoni dalla scuola i genitori e infine inalberano sul tetto il tricolore, abbracciandosi in lacrime. Il contenuto è molto crudo, ma la recitazione sorprende per la freschezza e l'entusiasmo.

Michele Serra, da L'Espresso del 15 giugno 2007

28 giugno 2007

Foto scolastiche di pargoli

Sono contento di essere riuscito a farmi scansionare le foto di classe di M. e G.
Sono sempre curioso di quello che i miei bimbi fanno quando non sono con me: di come vivono la loro vita di personcine indipendenti, di come costruiscono il loro futuro senza di me.
E' dura da ammettere, ma è così che andrà a finire. Ci separeremo.
Spero solo che quel giorno siano davvero riusciti a diventare degli esseri umani senzienti, capaci di discernere almeno un pochino il bene dal male, capaci soprattutto di essere se' stessi in armonia con gli altri e con il mondo che li circonda.
Io non ci sono riuscito, o forse solo in parte.

25 giugno 2007

Quel testamento sulla nostra morte

Nunc et in hora mortis nostrae. Parole buone per finire, non per cominciare. (Perciò il Gattopardo le usò per cominciare). Ci sono due circostanze, nella chiusa dell’Ave Maria. Il tempo della morte - adesso e nell’ora - che verrà quando verrà e sarà diverso per ciascuno di noi. E il modo: della “nostra” morte. Non credo che la “nostra morte” voglia dire la morte che aspetta tutti gli umani, tutti i mortali appunto. Vuole dire che anche il modo sarà diverso per ciascuno, come il tempo, e che a ciascuno apparterrà una propria morte, o ciascuno le apparterrà. La nostra morte: la tua, la sua, la mia. Se avesse voluto parlare della fine che tutti ci aspetta avrebbe detto: Nunc et in hora mortis. Dice nostrae perché pro nobis peccatoribus, è altra per ognuno di noi peccatori. Forse vuol dire anche che, una volta venuti al mondo, si vive, più o meno, con gli altri, ma quando si muore si muore soli. Facemmo tanto per assicurarci il privilegio - non dirò il diritto, si esagera col linguaggio giuridico - di una morte nostra, a modo nostro. Di non essere falciati all’ingrosso, nel mucchio della guerra, dell’epidemia, del terremoto. Di prepararci da lontano all’ora e al modo, immaginando chi convocare al nostro capezzale, su che cosa posare l’ultimo sguardo, perfino con quali pensieri accomiatarci. Le “ultime parole” diventarono un edificante genere letterario e psicologico, per accertare che nel momento estremo il morente avesse confermato o rivelato la propria natura più profonda: e non importa che per lo più si trattasse di ultime parole inventate, e che prendessero solennemente il posto di feci e sangue, rantoli e farneticazioni. Si moriva: si occupava uno spazio breve e decente fra vita e morte, il trapasso e il suo padroneggiamento, lo spegnersi di una candela. E adesso?
Fortunata, fortunatissima la nostra vita sazia e lunga, nel nostro pezzo di mondo. Ma sempre più spesso ci aspetta una terra di nessuno, il rovescio dell’augurio di “passare dal sonno alla morte”, e invece da una giacenza incosciente che non è più vita a una morte che diventa tale solo quando venga certificata. Questa esistenza senza vita, in cui non si assomiglia più a sé, in cui ciascuno, sibi dissimilis, diventa equivalente a ogni altro, come sono equivalenti e intercambiabili le macchine che surrogano le funzioni vitali, questo intervallo fra vita e morte che non consente più commiato, né ultime parole, né ultime volontà: è già la sorte di centinaia di migliaia. Chissà quale superstizione, o quale oltranzismo, vuole vedere nel cosìddetto testamento biologico il sotterfugio dell’eutanasia o del suicidio assistito o di qualche delitto a piacere. La condizione cui la tecnica può consegnarci, di quell’esistenza protratta senza vita e senza speranza ragionevole di ritorno, invita a una previdenza. Si è preso in prestito il nome che da sempre designa la previdenza nei confronti della fine, fare testamento, disporre per tempo e ordinatamente dei propri beni, prima che sia tardi. Il testamento biologico vuol autorizzare a disporre del destino del proprio corpo, prima che sia troppo tardi. Del proprio “corpo morto”, e però depositato in una giacenza arbitraria. Questo vuole sventare il testamento biologico: che si faccia durare artificialmente il proprio corpo morto, senza poterlo restituire a una vita, senza risolversi a recapitarlo alla morte. In questo accanimento caricaturale della proprietà privata finiamo espropriati dell’ora e del modo mortis nostrae: affari degli appaltatori (religiosi e politici prima ancora che medici) di quel limbo terapeutico. Sul cui fondo riprende una seduzione il suicidio, che ti illude di ridiventare titolare della tua morte, ora e modo - ma solo alla condizione di spogliarti della tua vita. La “nostra morte” era invece, o voleva essere, il complemento della “nostra vita”.
Il testamento biologico non è un argomento facile. Ma che sia consentito a ciascuno di noi (consentito a chi voglia: non imposto a tutti) di rifiutare per sé l’intervallo - a volte di molti anni, orribile a dirsi e vedersi, per chi non lo scelga - che può oggi separare la morte dalla sua certificazione, come si può negare? Non avremo la vanità di allestire la scena della nostra dipartita, e tanto meno di provare allo specchio le nostre ultime parole. Ma lasciateci negoziare in pace con la nostra morte. Amen.

Di Adriano Sofri, da La Repubblica di Giovedì 21 Giugno 2007

24 giugno 2007

Di ritorno da Vienna, mangiamo la nostra Sacher Torte ripiombando nella più bollente normalità

Dunque rieccoci qui. Il volo, ieri sera, è atterrato verso le 8, più o meno puntuale.

Finalmente ieri pomeriggio Gianni ed io siamo anche riusciti a vedere qualcosa, la nuova, grandissima e modernissima area museale, visitando anche la Collezione Leopold, con opere - tra gli altri - di Gustav Klimt e Egon Schiele.

Venerdì riunioni la mattina e grande caccia al tesoro a squadre sul Danubio, a bordo di traballanti pedalò.

L'equipaggio di cui ero lo skipper (si fa per dire) si è classificato dignitosamente ed ha giustamente approffittato dell'evento per festeggiare.

La sera di nuovo sul Danubio, sotto un nubifragio spaventoso, per la cena e la successiva festa. Divertente, malgrado tutto. In ricordo mi rimane anche un bel mal di gola, che passerà.

Si riparte. Dalla Torta Sacher (originale) comprata all'aeroporto, naturalmente!





22 giugno 2007

Saluti da Vienna

La città sembra bella, per quel poco che ho potuto vedere, ma il tempo è stato veramente schifoso. Stamattina torrido, pomeriggio nubifragio tremendo. E pensare che noi eravamo al diciannovesimo piano di un bel palazzone ipermoderno...


Domani chissà. Foto di arcobaleno, anche se non si capisce. Da guardare con fiducia.





20 giugno 2007

Parto stasera ma non vado a Voghera...

... parafrasando Cochi e Renato. No, in effetti vado a Vienna, per la riunione annuale paneuropea (...!) dell'agenzia. Ne parleremo.

Lascio con questa perla: "I problemi più complessi hanno soluzioni semplici, facili da comprendere e sbagliate". Meditiamo...

18 giugno 2007

Dunque, ricapitolando

Venerdì ci siamo divertiti al mare con papà: la mattina c'era anche un bel sole! M. ha potuto sfoggiare il fisicaccio, mentre G. ha imparato ad andare in altalena spingendosi completamente da solo!


Sabato invece siamo andati a Cap Martin a trovare la nonna, la zia S. e i cuginetti G. e E.: una giornata davvero speciale! Anche qui, sole pieno solo la mattina...

14 giugno 2007

Il fiume (Prévert)

I tuoi giovani seni brillavano alla luna
ma lui ha buttato
il gelido sasso
la fredda pietra della gelosia
sul riflesso
della tua bellezza
che danzava nuda sul fiume
nello splendore dell'estate.

Jacques Prévert

12 giugno 2007

Tutti al mareeee, tutti al mareeee...

Pietra Ligure non è la Sardegna, ma noi ci divertiamo lo stesso! Pure se non c'è il sole e fa un po' freddo...

08 giugno 2007

Amore, anzi schifo

"Non bisogna amare per amore, ma per schifo. Perché l'amore finisce, ed è una delusione. Anche lo schifo finisce, però è una soddisfazione."

Massimo Troisi, da "Pensavo fosse amore invece era un calesse".



07 giugno 2007

Ieri, saggio di fine anno per M.

Performance musical-ginnico-danzerina di gran classe! Nell'immagine, il performer...

Bravo M.!



06 giugno 2007

COSE DA EVITARE A UN FUNERALE (LUTTAZZI): LE MIE PREFERITE

1. Avvicinarsi alla bara e mettersi a fare paragoni fra la lunghezza del propio organo sessuale e quello del defunto
5. porgere le condoglianze alla vedova servendosi di un pupazzo da ventriloquo
6. fingere di rimanere con un dito incastrato fra le mani del defunto
8. sollevare il coperchio della bara e buttarci il sacchetto della spazzatura
12. colmare la bara di Smarties [LA MIA PREFERITA IN ASSOLUTO]
15. in segno di omaggio, mettersi a fare braccio di ferro con la salma e fingere di perdere
16. tagliare le unghie al cadavere per migliorare la composizione del vostro Muesli mattutino
17. strofinare con vigore un pettine e poi far rizzare i capelli del defunto con l'elettricità statica 18. vestire il cadavere da Zorro
21. rimpicciolire la testa del morto col voodoo
23. far pagare il biglietto per leccare il cadavere
29. consolare il marito della defunta ricordandogli che in fondo anche lei, come ogni altro essere umano, era composta per l'80% di acqua
33. far squillare il telfono cellulare nella camera ardente, rispondere, poi passarlo al cadavere dicendo :" è per te"
35. incidere sulla bara un cuore trafitto da una freccia con dentro le vostre iniziali e quelle della persona che amate
36. usare il polso del defunto per testare campioni di profumo
39. approfittare delle mascelle del defunto per schiacciarsi qualche noce
44. sedersi all'organo e sottolineare i momenti più toccanti della cerimonia funebre demolendo "Obladì Obladà"
53. chinarsi sul cadavere e disegnargli gli occhi sulle palpebre chiuse
58. sniffare l'incenso fino a perdere conoscenza o il controllo degli sfinteri, o entrambi
60. guarnire il volto del defunto con rivoli di maionese contraccettiva
62. presentarsi vestito da Elvis
72. Accompagnare la sepoltura intonando uno Yodel
74. convincere tutti che il defunto, un tipo sensibile, aveva espresso piu volte il desiderio di essere caramellato
82. partecipare alla funzione religiosa indossando le orecchie di Topolino
84. applicare sulla bara un adesivo con su scritto: E' RIGOR MORTIS,O SEI SOLO CONTENTO DI VEDERMI?
91. abbrustolire i pantaloni della salma con il tostapane
95. disturbare i partecipanti al servizio funebre riflettendo loro il sole sugli occhi con uno specchietto
101. mentre stanno calando la bara nella fossa,chiedere ad alta voce:"Ehi! Chi è che sta bussando?"

01 giugno 2007

Insomma... piove! ovvero "La pioggia nel pineto" (D'Annunzio)

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.

Odi? La pioggia cade
su la solitaria verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.

E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti diversi
sotto innumerevoli dita.

E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome Ermione.

Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.

Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!

E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!

E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione.


Gabriele D'Annunzio, data di composizione ignota (probabile fra la metà di luglio 1902 e la metà dell'agosto dell'anno successivo).