13 novembre 2006

Corporations e regole in eterna rincorsa

Corporations e regole in eterna rincorsa
Di Guido Rossi, da Il Sole-24 Ore, 10 Novembre 2006.

Secondo una recente statistica, all’inizio di questo secolo, tra le 100 maggiori economie mondiali compaiono 51 gruppi societari multinazionali e solo 49 stati. Se si sommano tra loro i prodotti interni lordi di tutti gli Stati del mondo (191 al momento del conteggio), escludendo solo i maggiori 9 (Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Cina, Brasile e Canada), il risultato è una cifra inferiore al valore aggregato delle vendite annuali delle prime 200 società del mondo. In base agli stessi calcoli, Wal-Mart, la dodicesima società al mondo in termini di dimensioni, supera 161 stati; la Daimler-Chrysler è maggiore della Norvegia, General Motors della Danimarca mentre l’economia del Sudafrica è inferiore a quella della Ford.

Non solo le corporation rappresentano gli attori economici più importanti, rivaleggiando per dimensioni e potere con gli stessi Stati ai cui ordinamenti sono formalmente assoggettate, ma esse riflettono ed amplificano la concentrazione della ricchezza e la divisione del mondo tra ricchi e poveri; il 93% delle prime 200 società al mondo [186 società] appartiene a soli sette Paesi.

I grandi gruppi internazionali rappresentano un sistema di scambio parallelo, che potrebbe porsi al di fuori - o al di sopra - sia del mercato, sia della legge. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, agli inizi degli anni ’90 un terzo del valore delle esportazioni mondiali era rappresentato da scambi intragruppo tra società controllate o collegate. Il recente fenomeno di concorrenza dei mercati finanziari da parte di sistemi di scambio organizzati da banche e intermediari al proprio interno (…) non è che un esempio particolarmente evidente ed eclatante di come le società possano assumere direttamente il controllo e la gestione dell’istituzione fondamentale dell’economia liberale, il mercato. (…)


C’è di che riflettere, non è vero?

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