28 luglio 2008

Il vento fa il suo giro

Ieri sera (forse sarebbe meglio dire stanotte, visto che è passato su Sky Cinema attorno alla mezzanotte) ho visto questo strano e bellissimo film.


Ecco, in breve, la storia, dal Morandini:
- Un film italiano anomalo per molti motivi: 1) non ha usufruito di finanziamenti statali né televisivi; 2) è prodotto in cooperativa: la troupe e gli interpreti sono entrati in coproduzione, garantendosi una quota dei guadagni; 3) è girato nell'alta valle Maira (Cuneo) al confine con la Francia durante 3 stagioni e sottotitolato perché parlato in 3 lingue: francese, occitano, italiano; 4) oltre a coprire i ruoli comprimari, gli abitanti delle valli hanno messo a disposizione mezzi, animali, oggetti di scena, ambiente, persino cibo; 5) tutti gli interpeti, compreso il protagonista (che nella vita fa lo scenografo) sono non-attori; 6) girato nel 2004, pronto nel 2005, ha fatto nel 2006 il giro di una ventina di festival italiani e stranieri con una mezza dozzina di premi, ma all'inizio del 2007 non aveva ancora una distribuzione.
A Chersogno, paesino la cui sopravvivenza è legata a pochi anziani e a un fugace turismo estivo, arriva dai Pirenei un pastore francese in compagnia della moglie, tre figli, un gregge di capre e una piccola attività di formaggiaio. Prima è ben accolto, il suo soggiorno diventa la dimostrazione di una possibile rinascita del paese, ma poi emergono incomprensioni, rigidità, ostilità, invidia. Soltanto una minoranza continua a essergli amica.
Scritta dal regista con Fredo Valla, è la storia di una sconfitta, ma non pessimista. Grazie anche alla mobile fotografia in digitale di Roberto Cimatti, è un raro esempio di film di montagna senza concessioni all'oleografia. Semplice in apparenza, è un film complesso per ricchezza tematica e psicologica. Raramente al cinema la descrizione di un ambiente rurale fu condotta con una fisicità così tattile, così calata nella realtà. Oltre a quelli della diversità e della diffidenza verso lo straniero, s'impone il tema della memoria storica, quella che molti valligiani hanno dimenticato. L'avversione per il cambiamento s'intreccia col rispetto delle tradizioni di solidarietà.-

Aggiungo che a me è piaciuto molto anche per gli incredibili panorami, che a me hanno così tanto ricordato la "mia" amata Formazza, dove ben avrebbe potuto svolgersi la trama del film, sostiutendo la lingua occitana con quella walser.

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