04 febbraio 2008

Sulla pista di Arpy - di Giorgio Bocca

In quel silenzio, in quella neve, ti coglie il pensiero che così, dolcemente, si potrebbe morire nel dolce sonno del gelo che poco alla volta ti addormenta.

Parliamo di neve, di ricordi di gioventù, intimisti, personali, pochissimo adatti a una rubrica di giornale. Però sempre meglio di quel che passa la politica, sempre meglio delle telefonate di Berlusconi a un suo servo della televisione.

Parliamo di neve, della pista di fondo che sta in quel Shangri-La che è la conca di Arpy quando si fa sera e un crepuscolo rosso illumina la montagna dell'antico confine tra Italia e Francia. Parliamo di neve, e della pista che ti riporta a casa, parliamo della piccola valle familiare, protettiva, e delle cose che solo la neve ti rende pienamente amiche. Perché la neve ti crea attorno una solitudine viva: non vedi animali, ma le loro impronte, nel crepuscolo le pernici di piuma bianca ti passano sulla testa da un abete all'altro. Guardi e sai che nella neve non ci sono insidie, non vipere, non serpi, non pietre aguzze, non sterco di mucca, non incessante ronzio di mosche e di zanzare, non voci di villeggianti.

Si guarda e già in qualche modo senti il tepore della casa, i suoi fuochi, i suoi cari, e anche il tuo studio, il computer, il telefono, e tutto ciò che ti riporterà nel mondo, ma che ora sta silenzioso e fermo come sotto una campana di vetro. Guardi la piccola valle familiare, e, nella neve, i cammini tracciati degli animali, la pista che passa tra due alberi ed entra nel bosco, la radura in cui riappare, la vecchia casa abbandonata della miniera, e su, sopra la foresta, sopra la linea degli alberi, sopra le grandi pietraie ricoperte di neve, più su ancora, l'immane becco di ghiaccio del Paramont.

È il pensiero delle generazioni che nella piccola valle familiare, sotto la foresta, sotto il ghiacciaio e la vetta, sono passate in questo angolo fraterno di mondo, dove la neve cancella gl'inganni e la paura della morte, fuori dall'universo ignoto e omicida. Nella piccola valle familiare, quando c'era la neve e il ghiaccio vicino alle fontane e sul ruscello, scopri il mistero delle sfere di aria tiepida che stanno, non si sa come, in mezzo a quelle ghiacciate, e passando da una all'altra ti vien da sorridere come per un'amichevole sorpresa.

In quel silenzio, in quella neve, ti coglie il pensiero che così, dolcemente, si potrebbe morire, come l'uomo preistorico del Similaun, con la faretra, le frecce, i giacconi di felpa, le scarpe di cuoio, nel dolce sonno del gelo che poco alla volta ti addormenta.

Cosa c'è di più bello al mondo? Cosa c'è di più bello che risalire per la pista del bosco, di sapere a memoria dove s'impenna? E allora allunghi il passo, e la spinta dei bastoni, sperando che una nuova, misteriosa forza faccia il miracolo di farti andare senza fatica, come quando eri giovane, e anche questo è stupendo: mescolare il presente e la tua vecchiaia, e la memoria di quando eri giovane e forte, come un camoscio. E anche ingannarsi, perché quando eri giovane e forte come un camoscio, nelle gare di sci soffrivi le pene dell'inferno.

La pista di Arpy è incantatrice: non sai mai se sale o va in pianura, e ora la senti più faticosa, ora più accomodante, finché arrivi alla discesa e ti pare di essere Mosè che guarda la terra promessa. Il binario nella neve scende diritto per il prato, e tu voli, con il tuo povero corpo da vecchio che ha ritrovato il respiro. E sei solo fino alle case di Arpy, non vedi anima viva, e mentre scendi, vedi dall'altra parte della valle i pendii immacolati del monte Falita, e sei solo in questo azzurro. La pista ha un fascino irresistibile, ti spinge avanti, ti guida, guardi le rotaie bianche e ritrovi un'armonia nel passo. Ti manca l'elasticità che aggiungeva slancio a slancio, quando l'andare sembrava volare, ora tutto è più faticoso, ma questa fatica te la meriti; è la ricompensa della parte finale, dello spiazzo su cui ti fermerai per liberarti degli sci.

Giorgio Bocca, L'Espresso (11 gennaio 2008)



Quando penso alle piste di Formazza mi capita a volte di provare sensazioni simili a quelle descritte da Bocca, nel mio piccolo...

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